mercoledì 20 luglio 2011

Errata corrige! Il Caffè Letterario è spostato a giovedì 28 Luglio!

               Abbiamo il piacere di invitarti al secondo

  Caffè Letterario
giovedì 28 Luglio ore 21:00
  presso il locale "L'altro Fragile"
Dolo - Venezia

    Un incontro dedicato a tutti gli amanti della lettura,
    ma anche a chi non ha il tempo per leggere ed è
     semplicemente curioso!
       Tra un panino e un caffè discuteremo del romanzo 

     Ragazzi di vita
   di Pierpaolo Pasolini

    Ti aspettiamo!

venerdì 1 luglio 2011

Secondo Caffè Letterario del Colibrì

Abbiamo il piacere di invitarti al secondo

  Caffè Letterario
giovedì 2i Luglio ore 21:00
  presso il locale "L'altro Fragile"
Dolo - Venezia

    Un incontro dedicato a tutti gli amanti della lettura,
    ma anche a chi non ha il tempo per leggere ed è
     semplicemente curioso!
       Tra un panino e un caffè discuteremo del romanzo 

     Ragazzi di vita
   di Pierpaolo Pasolini

    Ti aspettiamo!

"L'eleganza del riccio", Muriel Barbery

Con un po' di ritardo eccomi qui ad aggiornare il blog del Colibrì. La serata letteraria del 23 giugno all'Altro Fragile ha avuto un discreto successo: ringraziamo le new entry del gruppo, e speriamo di rivederle il mese prossimo!

Renèe lavora da più di vent'anni come portinaia in un elegante palazzo di Parigi, e si impegna quotidianamente per rientrare nei parametri della perfetta portinaia: sciatta, scorbutica, ottusa. Ma Madame Renèe nasconde gelosamente un segreto, e dietro a quella corazza, costruita meticolosamente in decenni di dissimulazioni, nasconde un'intelligenza brillante e una cultura sterminata.
Nello stesso elegante palazzo vive anche Paloma, figlia di un deputato e di una madre che "non è proprio una cima, però è istruita"; anche Paloma si impegna quotidianamente nel gioco delle dissumulazioni: infatti, è molto più intelligente e sensibile rispetto alla media delle ragazzine della sua età (e sicuramente molto di più di sua sorella Colombe), ma attua ogni sforzo per apparire una ragazzina mediocre, imbevuta di sottocultura adolescenziale come tutte le altre. Geniale e fin troppo lucida, Paloma ha già capito che la vita non ha senso e porta inevitabilmente con sè solo delusione: determinata a non finire come tutti gli adulti che vede attorno a sè, impegnati a cercare di capire, senza riuscirci, come sono arrivati ad avere una vita vuota, la ragazzina ha già deciso che porrà fine alla propria esistenza, prima che una "innata tendenza biologica" la porti a rincorrere una felicità che in realtà non esiste. Ma visto che "non si può vegetare come una verdura marcia solo perchè si ha in progetto di morire", e convinta che l'importante sia quello che una persona fa, Paloma decide di annotare tutti i pensieri profondi che le verranno in mente prima della fatidica data.

Le parti narrate da Renèe, che fa entrare il lettore nella sua guardiola rendendolo partecipe dei suoi pensieri e delle sue brillanti considerazioni filosofiche, si alternano così ai pensieri profondi di Paloma: i due personaggi, pur vivendo nello stesso palazzo, non si incrociano praticamente mai, fino a quando un signore giapponese, Monsieur Ozu, non prende alloggio nel palazzo, scompigliando di fatto le vite di Paloma e Renèe, che si scopriranno, prevedibilmente, anime affini.

Cosa lascia questo libro al lettore, a parte un romanzo ben scritto (e ben tradotto!), e una storia interessante dal finale imprevedibile? Innanzitutto c'è da dire che tutti noi abbiamo notato come l'inizio sia stato un po' difficoltoso; innanzitutto, non è per niente immediata l'empatia nei confronti di Paloma, che verso la metà del primo paragrafo a lei dedicato esordisce con:

"Si dà il caso che io sia molto intelligente. Di un'intelligenza addirittura eccezionale. Già rispetto ai ragazzi della mia età c'è un abisso. Siccome però non mi va di farmi notare, e siccome nelle famiglie dove l'intelligenza è un valore supremo una bambina superdotata non avrebbe mai pace, a scuola cerco di ridurre le mie prestazioni, ma anche facendo così sono sempre la prima della classe".

Ecco, diciamo che la ragazza non è propriamente alla mano. Inoltre,  non è facile abituarsi ai voli pindarici di Renèe sulla fenomenologia di Husserl, pur ammirando la competenza di questa portinaia in fatto di filosofia. Ma viene da chiedersi (o per lo meno, io mi sono chiesta): davvero i portinai devono essere tutti ottusi, sciatti e scorbutici? E' davvero così destabilizzate il fatto che una portinaia possa disquisire di letteratura russa e cultura giapponese? Ad un certo punto Monsieur Ozu dice a Renèe (che aveva invitato a cena)

"Lei è una persona poco comune [...] una portinaia che legge Tolstoj e ascolta Mozart [...] non sapevo che fosse tra le abitudini della sua corporazione"

come a dire che una persona che fa un lavoro umile deve essere necessariamente stupida o poco istruita. Io personalmente l'ho trovato un po' offensivo. E' chiaro che Renèe è una persona poco comune, non solo per la sua intelligenza, ma soprattutto per la sua sensibilità (che mica va di pari passo con la cultura che uno possiede, anzi!), ma metterla in risalto come un fiore nella desolazione del mondo dei portinai secondo me è una mossa sbagliata e anche un po' irritante. Ma come, Monsier Ozu, così intelligente e raffinato, dà credito agli stereotipi? Verrebbe quasi da pensare che in Francia le classi sociali siano molto più rigide di quanto non siano qui da noi in Italia. Ma sarà davvero così? Chiunque volesse dare informazioni in merito è caldamente pregato di lasciare un commento a questo post!
Comunque, al termine del romanzo è chiaro il motivo per il quale Renèe si impegna così tanto per non farsi notare: infatti, la sorella maggiore, trasferitasi in città quando Renèe era ancora una bambina, aveva trovato lavoro come governante in una casa di ricchi, dove era stata disonorata dal figlio dei proprietari (se non ricordo male), aveva messo al mondo un bambino e subito dopo era morta. Renèe si porta dentro un blocco praticamente per tutta la vita, convinta che sia stata l'intelligenza della sorella a tradirla e a portarla alla rovina; per questo decide che la sua intelligenza deve rimanere ben nascosta, in modo da difendersi da un mondo che guarda in modo ostile la gente di umili origini, sempre pronto a mettere in atto qualsiasi tipo di sopraffazione.

Il romanzo prosegue comunque in modo molto piacevole, e ci sono dei passaggi davvero esilaranti, come quando Renèe usa lo sciacquone del bagno di Monsieru Ozu e rimane tramortita dal Confutatis di Mozart, oppure quando, sempre a cena con Ozu, per poco non si strozza con "un sushi da trenta euro a porzione". Ma mentre i paragrafi dedicati a Renèe volano via leggeri e a volte anche divertenti, le riflessioni di Paloma sono spesso pesanti. D'altra parte, si tratta di due personaggi che, pur accomunati da una grande intelligenza e sensibilità, sono fondamentalmente diversi: Renèe sa prendere la vita con leggerezza, mentre Paloma attraversa le giornate con la pesantezza che a volte caratterizza gli adolescenti.

Dicevamo prima, cosa lascia questo romanzo al lettore? Secondo noi il romanzo lancia due messaggi, quello di Renèe e quello di Paloma. La prima ci spiega cos'è l'Arte:

"Che cosa fa l'Arte per noi? Dà forma e rende visibili le nostre emozioni e, così facendo, conferisce loro quell'impronta di eternità che recano tutte le opere le quali, attraverso una forma particolare, sanno incarnare l'universalità degli affetti umani"

Anche per Renèe la vita è "tumulto e noia, l'incessante e vana corsa stremata dai progetti", ma la bramosia umana trova una sospensione proprio nell'Arte, che è piacere senza ricerca, in cui "la bellezza non sia più finalità né progetto, ma divenga la certezza stessa della nostra natura".
Per Paloma, che non ha ancora avuto occasione di entrare in contatto con l'Arte, o che non ha ancora avuto modo di comprenderla appieno, la vita è vana ricerca di una felicità che non esiste, e quindi non vale la pena di viverla.

Ma se Renèe vive per l'Arte, anche Paloma alla fine del romanzo trova un motivo per vivere, che la porterà ad abbandonare il proprio progetto di suicidio: capisce che la sua sofferenza deriva dal non poter fare del bene alle persone attorno a sè. Non può aiutare la sorella e i genitori, perchè per Paloma sono ormai irrecuperabili. Anche lei capisce di essere ammalata, ma "non posso curarmi punendo quelli che non posso guarire", e decide quindi di frequentare quelle persone che riescono a farle del bene. E' un bel traguardo per una ragazzina di dodici anni! Infine, dopo la tragedia finale, Paloma capisce che la vita è fatta di molta disperazione, ma in mezzo a quella disperazione c'è qualche istante di bellezza, "una sospensione, un altrove in questo luogo, un sempre nel mai"; e decide che d'ora in avanti il suo scopo nella vita sarà quello di trovare "dei sempre nel mai", ovvero la bellezza in questo mondo.


Questo romanzo offre davvero innumerevoli spunti di riflessione... meriterebbe una seconda lettura, e ci è piaciuto davvero molto!

ps: nel linguaggio dei fiori la camelia vuol dire perfetta bellezza e superiorità non esibita...