venerdì 20 dicembre 2013

"Luce d'estate, ed è subito notte", Jon Kalman Stefansson - discussione del 13 novembre 2013

Ciao a tutti,

con il consueto ritardo riporto di seguito cosa è emerso dalla discussione di novembre, quando abbiamo letto il romanzo di Jón Kalman Stefánsson, "Luce d'estate, ed è subito notte". Si tratta di un romanzo un po' particolare, poiché racconta la vita quotidiana di un villaggio della campagna islandese, in cui tutti gli abitanti 
si conoscono. I protagonisti sono proprio gli abitanti, dei quali vengono narrati episodi di vita quotidiana apparentemente insignificanti. La bellezza di questo romanzo sta proprio nella capacità dell'autore di riportare gli avvenimenti che "animano" la vita degli abitanti di questo villaggio sperduto nella brughiera islandese in un modo così poetico e profondo da fare intravedere, dietro alla banalità, le grandi questioni che riguardano la vita di tutti noi, in una sorta di percorso che va dal microcosmo al macrocosmo.

Tuttavia, dato che la narrazione abbraccia molti personaggi che hanno più o meno tutti lo stesso peso, l'autore non approfondisce mai una vicenda o l'altra, e le varie figure sono tutte un po' abbozzate. Eloisa l'ha paragonato a una sorta di antologia di Spoon River dei vivi, mentre ad Alessio-detto-Carlo il finale ha riportato alla memoria quello dell'"Eleganza del riccio".

In linea generale, abbiamo trovato interessante la struttura del romanzo, che utilizza un linguaggio poetico davvero apprezzabile (l'autore, infatti, nasce come poeta), in grado di tuffarsi nel parlato e nel flusso di pensiero senza mai risultare pesante. Il velo poetico, l'ironia e la comicità che avvolgono tutta la narrazione conferiscono al racconto un significato universale, come si diceva prima. Secondo Marzia si capisce perfettamente che l'autore è "dentro" al romanzo, nel senso che la voce narrante fa chiaramente parte degli abitanti, è uno di loro. Anche se alla fine non si identifica mai, e non viene mai coinvolto direttamente negli avvenimenti. In effetti, l'autore ha passato molto tempo a lavorare come addetto alla lavorazione del pesce in villaggi simili a quello descritto; è evidente che nella descrizione della vita di paese sta attingendo dall'esperienza diretta.

Abbiamo quindi riflettuto su questa "vita di paese", e siamo d'accordo nel dire che la socialità di un villaggio islandese non può certo essere paragonata a quella di un paese di campagna in Italia! Di certo, da quelle parti si può sperimentare la solitudine, quella vera che dura per mesi, e che porta una persona a isolarsi, e facilitando forse l'introspezione. I personaggi soffrono forse un po' per questa condizione di isolamento, ma allo stesso tempo sembra che ne siano fieri, e in un certo senso che non possano farne a meno. È il caso ad esempio di Benedikt, che fa un viaggio a Londra, dove si sente stretto, accerchiato dalle persone, e torna prima del previsto per rientrare nella sua fattoria (anche perché in paese c'è Sigurður che lo aspetta).

Di tutti i personaggi, quello che spicca tra gli altri è Matthìas, che ha passato diversi anni all'estero e in America latina, e rispetto ai compaesani sembra essere molto più aperto e spigliato. Anche lui però, alla fine, ritorna a proprio paese e alla solitudine del Nord.

Alla fine ci siamo persi a chiacchierare di brughiere e lande del nord, giorni senza notte e aurore boreali... e ad alcuni è venuta voglia di letteratura islandese. Ecco qui un paio di suggerimenti:

http://it.wikipedia.org/wiki/Arnaldur_Indri%C3%B0ason
http://it.wikipedia.org/wiki/Halld%C3%B3r_Laxness

Quando ci siamo ripresi, abbiamo votato il romanzo da leggere per dicembre, ovvero:




Alla prossima!