lunedì 24 dicembre 2012

Racconto di Natale

Tetro e ogivale è l'antico palazzo dei vescovi, stillante salnitro dai muri, rimanerci è un supplizio nelle notti d'inverno. E l'adiacente cattedrale è immensa, a girarla non basta una vita, e c'è un tale intrico di cappelle e sacrestie che, dopo secoli di abbandono, ne sono rimaste alcune pressoché inesplorate. Che farà la sera di Natale - ci si domanda - lo scarno arcivescovo tutto solo, mentre la città è in festa? Come potrà vincere la malinconia? Tutti hanno una consolazione: il bimbo ha il treno e pinocchio, la sorellina ha la bambola, la mamma ha i figli intorno a sé, il malato una nuova speranza, il vecchio scapolo il compagno di dissipazioni, il carcerato ha la voce di un altro dalla cella vicina. Come farà l'arcivescovo? Sorrideva lo zelante don Valentino, segretario di sua eccellenza, udendo la gente parlare così. L'arcivescovo ha Dio, la sera di Natale. Inginocchiato solo soletto nel mezzo della cattedrale gelida e deserta a prima vista potrebbe quasi far pena, e invece se si sapesse! Solo soletto non è, e non ha neanche freddo, né si sente abbandonato. Nella sera di Natale Dio dilaga nel tempio, per l'arcivescovo, le navate ne rigurgitano letteralmente, al punto che le porte stentano a chiudersi; e, pur mancando le stufe, fa così caldo che le vecchie bisce bianche si risvegliano nei sepolcri degli storici abati e salgono dagli sfiatatoi dei sotterranei sporgendo gentilmente la testa dalle balaustre dei confessionali.
  Così, quella sera il Duomo; traboccante di Dio. E benché sapesse che non gli competeva, don Valentino si tratteneva perfino troppo volentieri a disporre l'inginocchiatoio del presule. Altro che alberi, tacchini e vino spumante. Questa, una serata di Natale. Senonché in mezzo a questi pensieri, udì battere a una porta. "Chi bussa alle porte del Duomo" si chiese don Valentino "la sera di Natale? Non hanno ancora pregato abbastanza? Che smania li ha presi?". Pur dicendosi così andò ad aprire e con una folata di vento entrò un poverello in cenci.
  "Che quantità di Dio!" esclamò sorridendo costui guardandosi attorno. "Che bellezza! Lo si sente perfino di fuori. Monsignore, non me ne potrebbe lasciare un pochino? Pensi, è la sera di Natale".
  "E' di sua eccellenza l'arcivescovo" rispose il prete. "Serve a lui, fra un paio d'ore. Sua eccellenza fa già la vita di un santo, non pretenderai mica che adesso rinunci anche a Dio! E poi io non sono mai stato monsignore".
  "Neanche un pochino, reverendo? Ce n'è tanto! Sua eccellenza non se ne accorgerebbe nemmeno!"
  "Ti ho detto di no... Puoi andare... Il Duomo è chiuso al pubblico" e congedò il poverello con un biglietto da cinque lire.
  Ma come il disgraziato uscì dalla chiesa, nello stesso istante Dio scomparve. Sgomento, don Valentino si guardava attorno, scrutando le volte tenebrose: Dio non c'era nemmeno lassù. Lo spettacoloso apparato di colonne, statue, baldacchini, altari, catafalchi, candelabri, panneggi, di solito così misterioso e potente, era diventato all'improvviso inospitale e sinistro. E tra un paio d'ore l'arcivescovo sarebbe disceso.
  Con orgasmo don Valentino socchiuse una delle porte esterne, guardò nella piazza. Niente. Anche fuori, benché fosse Natale, non c'era traccia di Dio. Dalle mille finestre accese giungevano echi di risate, bicchieri infranti, musiche e perfino bestemmie. Non campane, non canti.
  Don Valentino uscì nella notte, se n'andò per le strade profane, tra fragore di scatenati banchetti. Lui però sapeva l'indirizzo giusto. Quando entrò nella casa, la famiglia amica stava servendosi a tavola. Tutti si guardavano benevolmente l'un l'altro e intorno ad essi c'era un poco di Dio.
  "Buon Natale, reverendo" disse il capofamiglia. "Vuol favorire?"
  "Ho fretta, amici" rispose lui. "Per una mia sbadataggine Iddio ha abbandonato il Duomo e sua eccellenza tra poco va a pregare. Non mi potete dare il vostro? Tanto voi siete in compagnia, non ne avete assoluto bisogno".
  "Caro il mio don Valentino" fece il capofamiglia. "Lei dimentica, direi, che oggi è Natale. Proprio oggi i miei figli dovrebbero far a meno di Dio? Mi meraviglio, don Valentino."
  E nell'attimo stesso che l'uomo diceva così Iddio sgusciò fuori dalla stanza, i sorrisi giocondi si spensero e il cappone arrosto sembrò sabbia tra i denti.
  Via di nuovo allora, nella notte, lungo le strade deserte.
Cammina cammina, don Valentino infine lo rivide. Era giunto alle porte della città e dinanzi a lui si stendeva nel buio, biancheggiando un poco per la neve, la grande campagna. Sopra i prati e i filari di gelsi, ondeggiava Dio, come aspettando. Don Valentino cadde in ginocchio.
  "Ma che cosa fa, reverendo?" gli domandò un contadino. "Vuol prendersi un malanno con questo freddo?"
  "Guarda laggiù figliolo. Non vedi?"
  Il contadino guardò senza stupore. "E' nostro" disse.
"Ogni Natale viene a benedire i nostri campi".
  "Senti" disse il prete. "Non me ne potresti dare un poco? In città siamo rimasti senza, perfino le chiese sono vuote. Lasciamene un pochino che l'arcivescovo possa almeno fare un Natale decente".
  "Ma neanche per idea, mio caro reverendo! Chi sa che schifosi peccati avete fatto nella vostra città. Colpa vostra. Arrangiatevi."
  "Si è peccato, sicuro. E chi non pecca! Ma puoi salvare molte anime figliolo, solo che tu mi dica di sì".
  "Ne ho abbastanza di salvare la mia!" ridacchiò il contadino, e nell'attimo stesso che lo diceva, Iddio si sollevò dai suoi campi e scomparve nel buio.
  Andò ancora più lontano, cercando. Dio pareva farsi sempre più raro e chi ne possedeva un poco non voleva cederlo (ma nell'atto stesso che lui rispondeva di no, Dio scompariva, allontanandosi progressivamente).
  Ecco quindi don Valentino ai limiti di una vastissima landa, e in fondo, proprio all'orizzonte, risplendeva dolcemente Dio come una nube oblunga. Il pretino si gettò in ginocchio nella neve. "Aspettami, o Signore" supplicava "per colpa mia l'arcivescovo è rimasto solo, e stasera è Natale!"
  "Aveva i piedi gelati, si incamminò nella nebbia, affondava fino al ginocchio, ogni tanto stramazzava lungo disteso. Quanto avrebbe resistito?
  Finché udì un coro disteso e patetico, voci d'angelo, un raggio di luce filtrava nella nebbia. Aprì una porticina di legno: era una grandissima chiesa e nel mezzo, tra pochi lumini, un prete stava pregando. E la chiesa era piena di paradiso.
  "Fratello" gemette don Valentino, al limite delle forze, irto di ghiaccioli "abbi pietà di me. Il mio arcivescovo per colpa mia è rimasto solo e ha bisogno di Dio. Dammene un poco, ti prego".
  Lentamente si voltò colui che stava pregando. E don Valentino, riconoscendolo, si fece, se era possibile, ancora più pallido.
  "Buon Natale a te, don Valentino" esclamò l'arcivescovo facendosi incontro, tutto recinto di Dio. "Benedetto ragazzo, ma dove ti eri cacciato? Si può sapere che cosa sei andato a cercare fuori in questa notte da lupi?"
(Racconto di Natale, Dino Buzzati - da Sessanta Racconti)



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domenica 23 dicembre 2012

"La dama in bianco", Wilkie Collins - discussione del 05 dicembre 2012


Cari amici,

eccoci qua con il report dell'ultimo romanzo discusso, ovvero La dama in bianco. 

Allora, in generale il romanzo ci è piaciuto, anche se, dato che lo descrivono come il progenitore dei romanzi polizieschi, forse ci aspettavamo qualcosa di diverso. Si tratta delle peripezie di due sorellastre e del fidanzato di una delle due, che per riuscire a stare finalmente assieme alla sua amata, ne deve passare di cotte e di crude. I capitoli sono formati dai ricordi di ogni singolo personaggio (tranne sir Percival Glyde), che narra in prima persona la parte di vicenda di propria competenza come se stesse raccontando ad un giudice come sono andati i fatti. Abbiamo notato che il ritmo della narrazione a volte rallenta pericolosamente, e spesso ci sono ripetizioni, sotto forma di avvenimenti descritti più volte, sebbene da punti di vista diversi. Questa struttura si giustifica meglio se pensiamo che il romanzo è apparso in puntate su un periodico, e che quindi le ripetizioni erano utili per "rifare il punto" con il lettore che aveva letto l'ultimo capitolo qualche settimana prima. Nel momento in qui tutte le puntate sono state messe assieme per farne un romanzo, forse sarebbe stata necessaria una revisione, ma d'altra parte sono i lettori moderni ad essere abituati a ritmi d'azione più veloci.

Abbiamo trovato i primi capitoli intriganti, perché aleggia la presenza di questa misteriosa dama vestita di bianco, e sebbene la narrazione si occupi prevalentemente di descrivere le giornate di Miss Halcombe, di Miss Fairlie e di Mr. Hartright, si percepisce che qualcosa di oscuro e inaspettato sta per piombare nelle tranquille giornate a Limmeridge House. Poi però, come dicevamo, la narrazione rallenta e, secondo Lara, ci si abitua un po' a questa sensazione di pericolo incombente che però non si materializza mai, e la tensione verso la fine va scemando.

Io personalmente ho trovato la parte in cui Miss Halcombe narra gli avvenimenti a Blackwater Park abbastanza intrigante e anche un po' inquietante, anche se di fatto non accade nulla di speciale.

In ogni caso, come suggerisce Michele, si tratta di una vera soap opera ottocentesca: la storia d'amore travagliata, il marito al quale interessano solo i soldi, la bella inesperta e un po' svanita, l'innamorato pronto a tutto e il personaggio geniale, che nel nostro caso è il conte Fosco.

Pare che il conte Fosco abbia riscosso un grande successo tra i lettori! Infatti, è il personaggio meglio costruito, è intrigante, e trasmette tutto il suo carisma e, se vogliamo, tutta la sua italica genialità.

I personaggi femminili invece sono tutti un po' stereotipati: abbiamo Miss Fairlie che è un po' la sciacquetta della situazione, che non prende mai un'iniziativa ma si lascia guidare ciecamente dalla sorella, pur essendo il fulcro di tutti i guai della famiglia; abbiamo la pazza, Anne Catherick, che è un po' la mina vagante del romanzo; la madre di Anne Catherick è la classica megera interessata solo al tornaconto personale, mentre invece Mrs Clements, che si prenderà cura di Anne dopo la sua fuga dal manicomio, è la tipica donna buona e devota. Sono tutti personaggi un po' piatti, che non si discostano molto dallo stereotipo. Il personaggio femminile più riuscito è sicuramente Miss Halcombe, che ha un carattere deciso e quasi maschile; a volte anzi, dice esplicitamente che, se fosse per lei, preferirebbe "far cose da uomini", ma purtroppo "essendo solo una donna", deve adeguarsi di conseguenza. E' evidente la differenza tra lo spessore di Marian Halcombe e tutti gli altri personaggi femminili, variamente tiranneggiati dagli uomini, e in questo Giuliana ci vede una provocazione, come un segnale di femminismo. Che Collins volesse mettere in risalto la situazione subalterna della donna nella seconda metà dell'Ottocento? Potrebbe essere.

Infine, il personaggio più divertente e per certi versi irritante è sicuramente Mr Fairlie, ipocondriaco senza speranza, che pur di non disturbare i suoi poveri nervi preferisce lasciare in balìa degli eventi le due nipoti, che dovranno in qualche modo sbrigarsela da sole.

Queste le nostre riflessioni nell'ultimo incontro: se qualcuno che non è venuto ma ha letto il romanzo vuole aggiungere qualcosa, i commenti sono come sempre a disposizione... scrivete!

Vi ricordo che al prossimo incontro avremo:

Le Braci 
Sandor Màrai

Di buona famiglia
Isabella Bossi Fedrigotti

mercoledì 16, ore 21 
Arcipelago Progetti
via Borromini 21
Mira

Vi aspettiamo!!

martedì 11 dicembre 2012

Un articolo interessante...

... su una nostra vecchia conoscenza:

http://www.repubblica.it/speciali/repubblica-delle-idee/edizione2012/2012/12/10/news/javier_marias_e_la_legge_del_desiderio_la_distanza_la_chiave_di_una_buona_relazione-48455639/?ref=HREC2-15

"Gli innamoramenti (Einaudi), s'intitola il suo ultimo romanzo. Un uso vertiginoso della lingua, un'ipnosi ad andamento lento. Un'anatomia del sentimento amoroso implacabile: come vedere un film al rallenty, con un fotogramma che si insinua nell'altro. È una donna che guarda. Dalla finestra sul cortile, osserva e racconta."



venerdì 7 dicembre 2012

Prossimi incontri


Ciao a tutti!

In attesa del consueto "report" sulla nostra discussione dell'ultima volta (La Dama in Bianco, Wilkie Collins), vi segnalo intanto le letture che abbiamo scelto per il prossimo incontro, ovvero Le Braci e Di Buona Famiglia. Abbiamo deciso di leggere due romanzi, visto che abbiamo 5 settimane di tempo fino al prossimo incontro.


Dopo quarantun anni, due uomini, che da giovani sono stati inseparabili, tornano a incontrarsi in un castello ai piedi dei Carpazi. Uno ha passato quei decenni in Estremo Oriente, l'altro non si è mosso dalla sua proprietà. Ma entrambi hanno vissuto in attesa di quel momento. Null'altro contava per loro. Perché? Perché condividono un segreto che possiede una forza singolare: "una forza che brucia il tessuto della vita come una radiazione maligna, ma al tempo stesso dà calore alla vita e la mantiene in tensione". Tutto converge verso un "duello senza spade" ma ben più crudele. Tra loro, nell'ombra il fantasma di una donna.


Virginia, la maggiore, Clara, la minore. Due sorelle di buona famiglia: lezioni di pianoforte, solidi principi religiosi e morali (almeno in apparenza), vita morigerata. Ma anche due esistenze che impercettibilmente si separano, si fronteggiano per poi scontrarsi nella crudele tortura del silenzio. E da questo silenzio si leva la voce di Clara: la pacata, saggia, riflessiva Clara. Vittima di giochi d'amore che l'hanno sempre e solo sfiorata, avvolta in ricordi di un tempo remoto e - forse - felice, custode di stanze, mobili, sapori che sono stati, per lei, porto sicuro e quieto nella tempesta del vivere. Ma quando i tasselli della verità sembrano ormai dolcemente composti, ecco la voce di Virginia: l'irrequieta e volitiva Virginia, ribelle nell'animo e nei gesti, in fuga da un mondo che invece l'ha incatenata, rendendola prigioniera di sogni sempre più simili a incubi, a rivelazioni che nessuno, soprattutto Clara, vuole conoscere. Allora, mentre la storia ufficiale - quella delle guerre mondiali, del fascismo, del benessere conquistato e ottuso - travolge cose e persone, noi ascoltiamo queste due donne e le loro confessioni: piccoli fatti che si moltiplicano come in un gioco di specchi, materializzandosi per poi sparire sepolti dal dolore e dall'incomprensione. Ascoltiamo cercando di capire, di credere magari a entrambe ma soprattutto di non giudicare, perché la vita di Clara e Virginia, come la nostra, è fatta di frammenti che non riescono a congiungersi.

Salvo imprevisti, ecco qui il calendario dei prossimi incontri:

16 Gennaio
13 Febbraio
13 Marzo

ore 21:00 presso
Arcipelago Progetti
via Borromini 21, Mira (VE)

Seguirà appena possibile il consueto volantino, da distribuire via mail urbi et orbi...

Si pensava infine, nonostante i tempi ristretti, di provare ad organizzare una pizza o uno spritz del gruppo, per scambiarci gli auguri di Natale. Si accettano proposte relativamente alla possibile data, quindi lasciate nei commenti le vostre preferenze.

A presto!