Dopo Pasolini, un altro romanzo, un altro dopoguerra, la vita osservata da un'altra angolazione...
"Intanto, si sentivano all'inizio, alla vigilia di ogni cosa. Domani, tutto sarebbe stato ancor meglio! Ma i giorni passavano, la vita passava, e il meglio non arrivava. Quei domani continuamente attesi, e che continuamente, chissà perché, deludevano, erano ciò che alla fine faceva sfiorire la gioventù."
"Chi meglio della signora Némirovsky, e con un'arma più affilata, ha saputo scrutare l'anima passionale della gioventù del 1920, quel suo frenetico impulso a vivere, quel desiderio ardente e sensuale di bruciarsi nel piacere?" scrisse, all'uscita di questo libro, il critico Pierre Loewel. Le giovani coppie che vediamo amoreggiare in una notte primaverile (la Grande Guerra è finita da pochi mesi, e loro sono i fortunati, quelli che alla carneficina delle trincee sono riusciti a sopravvivere) hanno, apparentemente, un solo desiderio: godere, in una immediatezza senza domani, ignorando "il lato sordido" della vita, soffocando "la paura dell'ombra". Eppure, quasi sulla soglia del romanzo, uno dei protagonisti si pone una domanda: "Come avviene, nel matrimonio, il passaggio dall'amore all'amicizia? Quando si smette di tormentarsi a vicenda e si comincia finalmente a volersi bene?", che ne costituirà il filo conduttore. Con mano ferma, e con uno sguardo ironicamente compassionevole, Irène Némirovsky accompagna i suoi giovani personaggi, attraverso le intermittenze e le devastazioni della passione, fino alla quieta, un po' ottusa sicurezza dell'amore coniugale.
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