... ed infine venne il terzo incontro, il primo senza pioggia!
Il libro che abbiamo letto si è rivelato molto interessante e ricco di spunti su cui riflettere. Superata l'iniziale diffidenza verso una scrittura non propriamente lineare, abbiamo tutti apprezzato questo terzo romanzo di Jonathan Safran Foer (tranne Dany, che preferisce scritture più fluide, ma che comunque riconosce la profondità degli argomenti trattati). Siamo tutti d'accordo nel dire che Oskar è un bambino un po' speciale, con una passione per la scienza e una mente dai pensieri molto, molto arzigogolati; ma è anche un piccolo traumatizzato dalla morte del padre, tormentato dal non sapere "con esattezza" come è morto. Affronta la grande città, apparentemente solo, per riuscire a lenire il proprio dolore, e trovare la serratura della famosa chiave trovata in un vaso nella camera di suo padre, per riuscire in qualche modo ad essergli vicino anche dopo la morte. Un modo per non lasciarlo andare definitivamente, per aggrapparsi alla figura del proprio papà. Sembra solo, Oskar, ma non lo è: in realtà, tutta la famiglia appoggia questa sua impresa, dalla mamma che sa perfettamente come occupa i fine settimana il proprio bambino, e anticipa a tutti i Black di New York la visita di Oskar, al nonno ritrovato, che segue segretamente un nipote che ancora non lo conosce. Una famiglia alla ricerca di una serratura, forse non solo per consentire a Oskar di superare il proprio dolore, ma anche per mettere la parola fine ad un altro dolore familiare, un dolore che parte da molto lontano, addirittura dal bombardamento di Dresda durante la Seconda Guerra Mondiale. Questo avvenimento, infatti, ha segnato profondamente la vita della nonna e del nonno paterno di Oskar: entrambi hanno perso la persona più cara che avessero, Anna (sorella della nonna e prima fidanzata del nonno) e forse non è da escludere che la loro unione derivi proprio da questo trauma, un modo per sopravvivere alla distruzione. Forse la parola fine al dolore che ha contrassegnato la vita dei nonni di Oskar viene posta proprio dal nipote, orfano a causa di un attacco terroristico. Le analogie tra Oskar e il nonno, a pensarci bene, sono parecchie: entrambi hanno perso una persona cara in un evento traumatico, entrambi dopo questo trauma hanno iniziato a scrivere lettere: ma il nipote sembra avere una marcia in più: il suo carattere lo porta a chiudersi in sè stesso, ma non a tagliare i ponti con la realtà, e la ricerca della chiave gli dà una buona ragione per rimanere ancorato alla vita; anche lui inizia a scrivere lettere, ma a differenza del nonno le sue lettere partono, e ricevono anche inaspettate e incoraggianti risposte!
Alla fine Oskar, nonostante la ricerca della chiave non lo abbia condotto a niente, riesce a lasciarsi andare e a lasciarsi alle spalle - ma non a dimenticare! - la figura paterna, superando in qualche modo il trauma per abbracciare la vita. Un finale bello tosto, che ci ha indubbiamente lasciato... "le scarpe pesanti"!
Per il prossimo incontro abbiamo deciso di leggere
"LA CUSTODE DI MIA SORELLA" (Jody Picault)
L'incontro è fissato per mercoledì 18 maggio.
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