giovedì 19 maggio 2011

"La custode di mia sorella", Jodi Picoult - il dopodiscussione

Come era prevedibile, l'incontro è stato fruttuoso. Innanzitutto ringraziamo Raffaella, che è venuta a trovarci, e speriamo davvero che riesca a venire anche ai prossimi incontri. E ringraziamo anche Loris, che pur non avendo letto il libro ha datto spunti di riflessione davvero interessanti. Ma soprattutto grazie a Daniela, che ha parlato con passione di questo romanzo che le è veramente piaciuto, mettendo l'accento sulla tragicità degli eventi vissuti dalla famiglia protagonista, e evidenziando soprattutto il comportamento della madre, Sara, le sue contraddizioni e il suo modo di trattare i figli. Infatti, Sara si comporta quasi da "mamma manager", ma il suo obiettivo non è quello di far sfondare Kate nel mondo dello spettacolo, bensì guarire la figlia, passando sopra a diverse cose, soprattutto agli altri due figli. Sara, come un carrarmato, procede diritta verso il suo obiettivo (lodevole, per carità), ovvero la guarigione della secondogenita, rinunciando ad accudire Jesse, che vive un'adolescenza difficile, e trattando Anna come vero e proprio "parco ricambi" per Kate. Daniela e Raffaella fanno notare come, nonostante Jesse e Anna abbiano chiara la loro situazione di "figli invisibili" agli occhi della madre, sembrano non nutrire nessun rancore nei confronti della sorella malata. In particolare, tra Anna e Kate (ma anche tra le due sorelle e il fratello maggiore) sembra esserci un normale rapporto tra fratelli, con litigi e confidenze. Non sappiamo però niente del pensiero di Kate: cosa pensa del fatto che la sua guarigione passa attraverso i supplizi di sua sorella Anna? L'autrice non fa mai parlare Kate fino all'ultimo paragrafo, che costituisce comunque una sorta di "happy end".
Daniela poi fa notare il ruolo del padre, che lascia di fatto alla moglie la conduzione della famiglia per rifugiarsi nel suo lavoro di pompiere. Probabilmente non riesce a far fronte al dolore portato dalla malattia della figlia, ma questo non significa che non soffra, come fa notare Loris. A volte, sottolinea sempre Loris, ci si butta a capofitto nel lavoro, proprio perchè è l'attività che riesce meglio, e che consente di offrire ai figli tutto quello di cui hanno bisogno. D'altra parte, come fa notare Daniela, sembra essere il padre quello più legato ai figli, tutti e tre, e l'unico genitore che è riuscito a capire veramente Anna, che l'ha davvero voluta, non tanto per il compito che doveva assolvere, ma semplicemente per quello che era. E' il padre che sembra soffrire di più per la perdita di Anna, infatti dopo la sua morte cade nell'alcolismo, mentre non ci viene detto quale è stata la reazione della madre.

Infine, non sappiamo cosa avrebbe fatto Anna se non fosse morta nell'incidente: forse avrebbe comunque donato il rene alla sorella (come sembra di capire da una frase in uno degli ultimi paragrafi), ma sarebbe stata lei a decidere di farlo, senza l'imposizione di nessuno. Questa è la convinzione di tutto il nostro gruppo di lettura.

Per concludere, forse vale la pena di chiedersi qual è il messaggio che l'autrice voleva dare con questo libro. Forse, a pensarci bene, il finale, che risolve la questione in maniera drammatica e a prima vista sbrigativa, non poteva essere altrimenti. Non ci può essere una presa di posizione definitiva in un contesto del genere, non è possibile stabilire cosa è giusto e cosa è sbagliato, perchè in situazioni del genere non si fa mai la cosa giusta, e per prendere una decisione occorre vivere in prima persona la situazione, come faceva notare Daniela.
L'autrice quindi ha trovato un modo inatteso ma molto efficace per "smarcarsi" da una conclusione che l'avrebbe comunque portata ad esprimere, in un modo o nell'altro, la propria posizione, lasciando il lettore a bocca aperta. Nel post precedente avevo scritto "a bocca asciutta" ed è vero: non sappiamo quale decisione avrebbe preso Anna. Ma nella sua decisione di non veicolare nessuna posizione, l'autrice in realtà manda un chiaro messaggio, ci fa conoscere tra le righe quello che, in definitiva, è il significato del libro, ovvero che in tematiche del genere non ci sono messaggi da dare, indicazioni da fornire o prese di posizione di cui farsi promotori. Ogni situazione è una situazione a sè stante, e nessuno può decidere al posto di qualcun altro. E a ben vedere, questo è un argomento di grande attualità, se pensiamo alla tanto contestata legge sul testamento biologico.

Insomma, il libro ha fatto nascere una bella discussione appassionata, che ha fatto volare la nostra ora e mezza disposizione! Per quanto mi riguarda, ho trovato punti di vista diversi dai quali guardare un libro che di primo acchito non mi era piaciuto in granchè. E mi ha permesso di apprezzarlo di più. Poteri del gruppo di lettura! :)

Sempre su idea di Daniela - vera promotrice di questo incontro! - dopo la discussione ci siamo poi spostati a L'altro Fragile di Dolo per una cenetta in compagnia... insomma, la notte era calma e profumata, la compagnia piacevolissima e i discorsi interessanti! Visto che il mese prossimo l'aula della scuola non sarà disponibile - e non lo sarà per tutta l'estate - Loris ha avuto un'idea geniale: spostare il gruppo di lettura nella terrazza estiva dell'Altro Fragile! Margherita ci ha dato un via libera preventiva, restiamo comunque in attesa della conferma ufficiale. Prepareremo allora una locandina da appendere all'interno del locale, e speriamo che la "discussione pubblica" sia una buona pubblicità per il Colibrì. E chissà che questa sia la volta buona per la partecipazione anche del Venerabile Maestro... ;)

Il prossimo incontro si terrà il 22 giugno, luogo e ora li definiamo con precisione tra qualche giorno.

Ah sì, dimenticavo! Il libro per il prossimo incontro è: L'eleganza del riccio (Muriel Burberry), trovate una breve sinossi nel post precedente (e Luca dice che al prossimo incontro verrà "elegante come un riccio"!).


Una buona giornata!
Silvia

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